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mercoledì 18 luglio 2007

L’etilcarbammato nei vini


È una sostanza cancerogena da tenere sotto controllo

L’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, ha lanciato una richiesta di dati agli stati membri della Unione Europea su etilcarbammato e cianidi negli alimenti e nelle bevande, che terminerà il 15 dicembre 2006.
In particolare l’Efsa è interessata ai distillati di frutta con nocciolo ma il problema riguarda tutte le bevande fermentate, compreso il vino.

Perchè l’Efsa fa questa richiesta?
Perchè in una riunione del febbraio 2005, il Comitato congiunto di esperti FAO/OMS sugli additivi alimentari (JECFA) ha valutato l’etilcarbammato, concludendo che si tratta di una sostanza genotossica nonché di un agente cancerogeno multipotente in tutte le specie animali testate ed è considerato anche un potenziale cancerogeno nell’uomo.
L’Efsa chiede dati riferiti all’anno 2000 e successivi sui livelli di etilcarbammato e cianidi negli alimenti e nelle bevande, soprattutto le bevande alcoliche come i distillati di frutta con nocciolo, che potrebbero facilitare la valutazione del rischio sull’etilcarbammato negli alimenti e nelle bevande da parte della stessa Efsa. E’ ipotizzabile che, sulla base di questi dati, l’Efsa proponga alla Unione Europea di introdurre limiti alla presenza dell’etilcarbammato nelle bevande e negli alimenti.

L’etilcarbammato (EC, o carbammato di etile) è un composto che può essere naturalmente presente nei cibi e nelle bevande fermentati, come liquori, vini, birre, pane, salsa di soia e yogurt. Pertanto, la principale fonte dell’esposizione umana all’etilcarbammato attraverso la dieta è il consumo di cibi e bevande fermentati, per esempio in conseguenza della formazione indesiderata di questa sostanza durante il processo di fermentazione, distillazione o durante la conservazione in magazzino.
L’etilcarbammato nei vini
Nei vini l’etilcarbammato si forma spontaneamente per reazione tra l’urea (un composto azotato) e l’etanolo (cioè, l’alcole etilico).
Tranne il caso del Canadà (30 microgrammi/litro), non esistono limiti legali per la presenza di EC nei vini; la Fda (Food and Drug Adiministration degli Stati Uniti) ha raccomandato un limite volontario di 15 microgrammi/litro nei vini da tavola e 60 per quelli liquorosi.

Sempre la Fda ha prodotto un manuale di prevenzione per la limitazione della produzione dell’etilcarbammato nei vini, molto interessante, scritto da due ricercatori dell’università di Davis, in California.
La Fda consiglia come azioni preventive per la riduzione dell’EC nei vini:

il controllo delle concimazioni azotate della vite (anche se non tutti gli autori sono d’accordo su questo punto). Le eccessive concimazioni azotate provocano anche l’aumento della formazione di istamina, altra sostanza dannosa alla salute;
l’aggiunta di nutrienti azotati nei mosti solo in caso di effettiva carenza
l’impiego di ceppi adeguati di lieviti e batteri lattici (dal confronto tra vini che hanno fatto o meno la fermentazione malolattica si è visto, infatti, che anche i batteri lattici concorrono alla produzione di etilcarbammato)
l’uso di ureasi (serve a ridurre la concentrazione di urea prodotta nel corso della fermentazione alcolica; prima che si combini con l’etanolo e formi l’EC)
il controllo delle condizioni di stoccaggio (ad alte temperature aumenta la produzione di EC).
Un lavoro fatto nel 1993 su 1.600 vini francesi ha mostrato che la presenza media di etilcarbammato (8 microgrammi/litro) era nettamente inferiore al limite posto dalla Food and Drug Administration (15 microgrammi/litro).

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